L’INTERNET

Un giorno ci diranno che l’olio di palma non solo non era dannoso ma faceva pure bene alla nostra salute.
Ci diranno che le scie chimiche hanno effettivamente condizionato le nostre menti e da quelle è nato l’Isis.
Un giorno ci diranno che i vaccini fanno malissimo.
Ci diranno che la Ray Ban inutilmente ha cercato di vendere i suoi costosissimi occhiali a soli 19,99 euro ma nessuno le ha creduto.
Che è possibile enlargiare il penis ma tutti hanno ignorato la notizia buttando quelle email nello spam.
Ci diranno che Trump ha Gandhi tatuato tra le scapole mentre Obama ha una svastica tatuata sulla chiappa destra.
Ci diranno che certe persone visualizzano ma non rispondono non perché siano stronze ma perché soffrono di amnesie improvvise.
Un giorno ci diranno che i carboidrati sono dietetici e che ingrassavamo per la troppa acqua contenuta nelle verdure.
Un giorno ci diranno che non avevamo capito niente, che vivevamo in un mondo falso, raggirati dalle lobby e da poteri oscuri.
Ma quel giorno non è oggi.
Oggi io scelgo di restare aggrappata a quel briciolo di verità che vogliono spazzare via. Oggi scelgo di usare l’intelligenza di cui la natura mi ha dotato per capire cos’è l’attendibilità. Scelgo di credere che in mezzo al marcio che ci nuota intorno ci siano verità assodate che portano a vaccinare i nostri bambini, a mettere nello spam le email che regalano Iphone e Ray-Ban come fossero caramelle, a rimuovere dagli amici quelli che condividono foto di corpi straziati perché solo così possiamo capire gli orrori che loro stessi contribuiscono a diffondere.
Io scelgo di credere che in mezzo al marcio che ci nuota intorno l’amore, l’amicizia e la solidarietà abbiano ancora un valore e che solo grazie all’esistenza di sentimenti così potenti si possa non solo sopravvivere ma vivere e si possa guardare i nostri figli negli occhi ed incoraggiarli ad essere persone migliori di noi.
Oggi io scelgo e poter scegliere, credetemi, è già una grande conquista.

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TORNA CIOCCOSHOW!

Dal 16 al 20 di novembre Piazza Maggiore e zone limitrofe si trasformeranno nella Fabbrica di Willy Wonka e tutto il centro verrà inondato dal profumo inebriante del cioccolato. Torna infatti Cioccoshow, uno degli appuntamenti più attesi dai bolognesi.

Cioccolato da mangiare, da bere, da intingere, speziato, pralinato, caramellato, nocciolato, fruttato. Un’immersione totale nella dolcezza di questo miracolo della natura che fa bene non solo al corpo (ormai gli innumerevoli benefici sono riconosciuti dalla scienza medica) ma soprattutto allo spirito.

Cioccoshow non è solo degustazioni ma intrattenimento, corsi e laboratori. Un’occasione per gli amanti della pasticceria di imparare dai migliori artigiani come lavorare questo amatissimo prodotto e non solo. Per tutta la durata della manifestazione troverete infatti diversi eventi e laboratori, anche per i più piccini! Il programma lo trovate qui.
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IL PRODOTTO DEL MESE: MASCHERA PER CAPELLI NOAH

Immaginate un fascio di luce che vi indica la via, qualcosa di inspiegabile che vi porta a compiere un’azione senza pensare.

Deve essere andata così quando ho preso dallo scaffale la maschera rigenerante all’olio di Argan per i capelli molto secchi, sfibrati e trattati della NOAH . Lo ammetto, non conoscevo questa azienda e resterò con il rimorso di aver vissuto per anni nella assoluta ignoranza.

Perché la NOAH è un’azienda strepitosa e questa maschera si merita di essere eletta IL PRODOTTO DEL MESE.

La NOAH , per chi non la conoscesse ancora, formula e produce in Italia ed i suoi prodotti, dedicati principalmente ai capelli, contengono derivati vegetali ed oli essenziali puri. Non contengono invece parabeni, paraffina, oli minerali, DEA e SLS.

Nonostante io abbia una vera fissazione per i capelli, da tempo non acquistavo delle maschere, ritenendole superflue e preferendo optare per dei prodotti da applicare successivamente al lavaggio, prima di asciugarli.

La maschera rigenerante di Noah mi ha fatto ricredere.
Sono rimasta colpita dalla sensazione di morbidezza che si ha già al risciacquo. Morbidezza che perdura fino al lavaggio successivo.

Chi, come me, ha i capelli secchi sa quanto si debba lottare contro l’effetto scopa di saggina, soprattutto nelle punte. Vi sorprenderà quindi sentire i capelli morbidi e setosi. Per non parlare della delicata profumazione che lascia nonostante l’uso di asciugacapelli e piastra.

Posto che nessuna crema faccia miracoli e che al di là del nutrire ed idratare, uno dei migliori rimedi resti spuntare spesso i capelli evitando che le punte restino lì a sfibrarsi, mi sento davvero di consigliarvi questa maschera.

Io l’acquisto da Tigotà .

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IL MIO PRIMO E CREDO ULTIMO TUTORIAL: BEACH WAVE!

Non si contano le centinaia (non esagero, davvero) di richieste che in questi quattro anni di “vita Social” mi sono arrivate per sapere come faccio a farmi le onde ai capelli, le cosiddette beach waves. Dato che sono una perfezionista ho sempre pensato che i tutorial andassero fatti come si deve. Ho quindi sempre rimandato con la convinzione che, alla fine, non lo avrei mai fatto non ritenendomi all’altezza. A seguito di insistenti pressioni (le donne sanno essere davvero pervicaci) ho fatto un esperimento e ho utilizzato il canale Snapchat sul quale il 90% dei miei followers è donna. L’esperimento, incredibilmente, è riuscito nel senso che il mio “tutorial casareccio” è piaciuto molto. A questo punto, dato che gli Snap durano solo 24 ore, ho deciso di riproporre i video qui sul mio blog così, chi vorrà, potrà sempre vederli.

COME FARE LE BEACH WAVES: QUALCHE PREMESSA

Non sono una parrucchiera, non sono un’esperta. Mi limito a raccontarvi ciò che faccio io ormai da tanti anni.

Per me esiste solo LA piastra GHD (quelle che usano anche i parrucchieri per intenderci). Costa un po’ di più ma vale i soldi spesi, senza contare che il servizio di spedizione e di garanzia sono eccellenti.

Prima di stirarli utilizzate sempre dei prodotti che riparino i capelli dal calore (ma mettetene pochissimo perché l’effetto “ciocca mappazzone” è in agguato). Ne esistono di tanti tipi e di tutte le marche che potete trovare in qualsiasi negozio che venda prodotti per i capelli (la stessa GHD ne ha uno buonissimo che vende on line e si chiama Heat Protect).

I miei capelli sono tanti e grossi perciò tengono molto bene la piega. Questo significa che posso fare un’onda molto morbida senza temere la forza di gravità. Se avete capelli che non tengono tanto la piega, invece, vi consiglio di fare un’onda un po’ più sostenuta (odio la parola “boccolo”, cioè odio il boccolo, ma quello è il concetto). Col passare delle ore l’onda sostenuta (boccolo, grrr…) scenderà e avrete le vostre beach waves!

Non abbattetevi se non ci riuscite la prima, la seconda e pure la terza volta. Ci vuole tanta pratica, è solo una questione di esercizio! Se proprio non ci riuscite vi insegno un trucchetto: voi fate il (tanto odiato) classico boccolo, girando la ciocca nella piastra. Dopo, passateci di nuovo sopra la piastra ma questa volta come se voleste stirare la ciocca. A quel punto il boccolo (grrr…) si stenderà e le onde saranno più morbide.

Buona visione.

VIDEO 1: PREMESSA

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UNA NUOVA PERLA TUTTA HOME MADE: OLMO

Ho scoperto per caso questo piccolo locale, aperto neppure sei mesi fa, in via Ercolani (a pochi passi dal Palazzetto dello Sport) che è un’autentica perla.

Si chiama Olmo e tutto ciò che viene servito in tavola, dal pane alle salse, dalla pasta fresca alle torte, è preparato dallo chef Maolo Torreggiani. I piatti sono originali, variegati e accontentano anche i palati vegani. Potete mangiare degli ottimi primi come il riso alle erbe e cozze saltate, zuppe strepitose come il dhal di lenticchie bianche e polpettine di cous cous e ancora carne (il panino alle polpette, mangiato oggi, era davvero super) e pure il pesce.

Insomma ogni giorno Olmo è una scoperta e se anche non avete fame vi basterà dare un’occhiata alle foto del loro profilo Instagram ( olmo_bologna ) per sentire l’impellente esigenza di precipitarvi dentro il locale e provare ogni delizia, tra l’altro sono aperti sette giorni su sette (tranne la sera della domenica e del lunedì).

Perfetto per il brunch. Andate e fatemi sapere!

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Crema di ceci con rapa bianca e scorzonera
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panino con polpette al sugo, verdure e chips croccanti, crema di rape rosse
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Tripletta vegana: felafel con saionese al limone, riso saltato con verdure ed erbe saltate

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PREMIAZIONE CONCORSO LETTERARIO LA PENNA DEL DRAGO

Erano i primi giorni di settembre quando una cara amica mi disse che una Casa Editrice di Bologna aveva indetto un concorso letterario di narrativa e poesia. Il termine per consegnare il proprio lavoro scadeva il 15 di quel mese e proprio quel giorno, un’ora prima che chiudesse l’ufficio, con poca convinzione mi sono presentata nella sede della casa editrice, con il duenne al seguito (era appena uscito dall’asilo) e le sei copie del racconto in mano.

A distanza di poco più di un mese la Casa Editrice Edicik mi ha comunicato che il mio racconto era stata selezionato tra centinaia, piazzandosi all’ottavo posto. Ora la posizione non è certo prestigiosa ma per me è una grande soddisfazione. Senza contare che i racconti arrivati nelle prime nove posizioni otterranno la pubblicazione nella Rivista La Penna del Drago (il mio verrà pubblicato nel mese di Marzo).

Grazie alla Edicik e grazie a chi con affetto sincero continua a seguirmi e credere in me.

Qui il video della premiazione: video

 

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IL RACCONTO DEL MESE: DAENERYS TARGARYEN

Carmen spense l’ultima sigaretta del pacchetto contro il muro della palazzina. Era così nervosa che non riusciva neppure a pensare se quello che stava per fare fosse giusto oppure no ma ormai la decisione era presa: avrebbe lasciato Pietro, quello stesso pomeriggio, anzi, subito. Non poteva sopportare di restare un solo giorno in più in quell’appartamento. Entrò senza nemmeno tenere il portone alla vecchia del terzo piano incrociata nell’atrio, in fondo, non l’aveva mai sopportata quella, con tutte le lamentele sugli animali in condominio e le biciclette nel cortile interno. Era una liberazione non doversi preoccupare di risultare maleducata, visto che stava per lasciare quel palazzo per sempre. Prese l’ascensore, salì fino al nono piano, aprì a fatica la porta di casa perché le mani le tremavano e andò diretta in camera da letto ignorando Pietro che vide sbucare dalla cucina.
Carmen tirò fuori la valigia da sotto il letto e cominciò a buttarci dentro i vestiti alla rinfusa.
“Te ne vai? Bene!” disse Pietro entrando nella stanza.
“Sì, me ne vado, me ne vado immediatamente. Non voglio rimanere un secondo in più in questa topaia!”
“Ah adesso è una topaia! Questa topaia l’hai scelta tu, stronza! E l’hai arredata tu, con quei mobili merdosi dell’Ikea!”
“Ah! Hai proprio una bella faccia tosta! Almeno io ho tirato fuori i soldi per arredarla, la topaia! Se aspettavo te stavamo ancora seduti sugli scatoloni, tirchio di merda!”
“Tirchio a me? Tirchio a me? Guarda non farmi parlare che è meglio!”
“Parla! Parla coglione!”
“Se non era per i miei che ci hanno aiutato con il deposito cauzionale, la casa che tu hai scelto te la potevi pure scordare! Ho fatto di tutto per accontentarti! Hai scelto il quartiere, la palazzina, l’appartamento! Tanto chi li tirava fuori i soldi, il tirchio di merda!”
“Sei uno scorretto! La mia famiglia stava attraversando un brutto periodo, lo sai!”
“Già la tua famiglia sta sempre attraversando brutti periodi quando hai bisogno tu, mentre tra un brutto periodo e l’altro se ne va in crociera per il mondo o compra la macchina a quella ritardata di tua sorella!”
“Brutto cornuto, ritardata sarà tua madre!”
“Non offendere mia madre che ti metto le mani in faccia!”
“Ma sentite come la difende! Però quando quella stronza ti diceva di lasciarmi tu mica mi difendevi così!”
“Ma perché aveva ragione! Aveva ragione! Avrei dovuto lasciarti già un anno fa quando ho scoperto che chattavi su Facebook con quel coglione di Torino! Zoccola!”
“Zoccola io? Zoccola lo vai a dire a quella cessa della tua amica, quella con il brillantino nel dente da sfigata, che ti manda le faccine con i bacini su Whatsapp, mongoloide!”
Carmen mise tutte le scarpe dentro un sacco ma era troppo piccolo per contenerle tutte ed un paio le caddero a terra mentre percorreva il corridoio.
“Guarda che hai perso un paio di scarpe. Non sia mai che restino qui e la prossima che mi porto a casa pensi che stavo con un puttanone!”
“Ah ah ah rido! Ma chi trovi, dimmi, chi trovi che viene con te eh? Giusto la cessa col brillantino nel dente e non mi sembra proprio la principessa del Galles!”
“Puttana!”
“Coglione!”
“Strega maledetta, culona!”
“Imbecille, cazzo moscio!”
Carmen si caricò il più possibile per non dover tornare indietro. Prese due valige in una mano, tre borse nell’altra e una volta davanti alla porta si girò verso Pietro per l’ultimo offensivo saluto. Proprio mentre stava per aprire bocca, però, la sua attenzione andò al balcone e lì vide Daenerys Targaryen, la loro gatta. Come aveva potuto dimenticarla? Mollò il carico e si diresse verso la terrazza. Pietro, intuendo cosa stava per accadere, corse verso la micina urlando: “Eh no! Lei resta qui!”
Carmen afferrò l’animale dalle zampe anteriori ma Pietro riuscì a raggiungere le zampe posteriori ed iniziò a tirare verso di sé.
“Lasciala andare, zotico! Daenerys Targaryen è mia!”
“Non ci pensare nemmeno! Lei resta con me!”
“L’ho raccolta io dalla strada!”
“Ma solo perché io l’avevo vista vagare tutta sola e indifesa!”
“Sono io che ho deciso di portarla a casa dalla Sardegna! Idiota!”
“Io le ho pagato tutte le visite del veterinario! Deficiente!”
“Mollala!”
“No mollala tu!”
“Lasciala, bastardo!”
“Non ci penso nemmeno, lasciala tu, stronza!”
La povera gatta, strattonata da una parte e dall’altra, tentò di divincolarsi ma nello scatto improvviso fece un salto troppo alto e cadde giù dal balcone. Un volo di venticinque metri che non le lasciò scampo.
“Daenerys Targaryen!!!” urlò Carmen sporgendosi dalla ringhiera.
“Oh mio Dio!” Pietro si portò le mani ai capelli.
La fissarono attoniti. Daenerys Targaryen stava lì, spiaccicata sul marciapiedi, con le zampette aperte, come una pelle d’orso davanti al camino dello chalet di qualche film erotico-kitsch con il sassofono in sottofondo.
Pietro guardò Carmen e l’abbracciò. Lei lo strinse più forte.
“Non piangere.”
I due ragazzi, si sporsero nuovamente dalla ringhiera rimanendo abbracciati l’uno all’altra.
“Che terribile incidente, povera micetta!”
“Un volo incredibile, ma quanto avrà saltato?” chiese Carmen.
“Almeno trenta metri.”
“Cazzo!”
“Ma non dicevano che i gatti hanno sette vite?”
“Eh mi sa che questa era la settima allora. Aspe’ ma sono sette o nove vite?”
“Sette. Forse ti confondi col gatto a nove code.”
“Oddio è vero! Che scema, ah ah ah! Dici che avrà sofferto?”
“No, manco se ne sarà resa conto. Hai visto come si è spiaccicata?”
“Oddio che impressione, mi ha ricordato quando sono scivolata a pattinare, ti ricordi che botta al polso?”
“Me lo ricordo sì, te lo sei rotta.”
“Ti ricordi le risate all’ospedale con quell’infermiere imbranato?”
“E’ vero, me l’ero dimenticato!”
I due ragazzi risero fissandosi negli occhi. Carmen abbassò lo sguardo, si morse il labbro e si spostò una ciocca di capelli dal viso.
“Quanto sei bella quando ridi. Domani sai che facciamo, amore mio? Andiamo a prenderci un altro gatto.”
“Uh che bello! Stavolta voglio un Silvestrino, tutto nero con le zampette ed il musino bianco. Che a pensarci bene, Daenerys Targaryen era tanto caruccia ma a me i gatti rosci non è che mi sono mai piaciuti tanto.”
“Manco a me.”
“Birretta?”
“Birretta!”cat-1583430__180

CAPELLI SANI, LUCENTI E MORBIDI CON IL TRATTAMENTO ALLA CISTEINA DI EQUIPE VITTORIO

Ci sono persone e attività, a Bologna, che negli anni sono diventate un’istituzione.
Una di queste è l’Equipe Vittorio, salone storico della città che dal 1970 è un punto di riferimento del settore in quanto, in oltre quarantasei anni, ha saputo innovare ed innovarsi anziché vivere di rendita sulla reputazione guadagnata agli inizi, come a volte, purtroppo, accade con i nomi importanti. 
L’Equipe Vittorio, infatti, non è conosciuta solo perché ospita le signore bene della città e accoglie le dive che passano da qui ma perché è sempre riuscita a vedere lontano e ad essere un passo avanti rispetto agli altri.
Chi mi segue da tempo sui Social conosce la mia fissazione per i capelli e quanto ci tenga ad averli sempre belli e sani. Era quindi inevitabile che la mia strada si incrociasse con quella di questo storico salone, che è l’unico a soddisfare sempre le mie aspettative.
L’ultimo trattamento provato è quello alla cisteina, un aminoacido non essenziale che ripara i capelli chiudendone le squame.
Se come me non amate le sedute interminabili e avete paura dei costi-sorpresa, ho due ottime notizie per voi.
La prima: il trattamento è velocissimo. La cisteina infatti viene applicata dopo il normale lavaggio e non ha bisogno né di posa né di risciacquo.
La seconda: il trattamento è davvero accessibile a tutte in quanto costa meno di una messa in piega.

Il risultato finale è commovente: punte dall’aspetto sano, capelli lucidi e soprattutto morbidissimi. Vi sarà difficile resistere alla tentazione di toccarli in continuazione!

 

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Con Vittorio, il fondatore del salone
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In posa per il trattamento alla cisteina
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Piega fatta!

 

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COCCOLARE IL PALATO MANGIANDO SANO? DA FRAGOLA E’ POSSIBILE

Quando scegliete un locale lo fate principalmente per la qualità del cibo. Se alla qualità del cibo si aggiunge la qualità del servizio, ecco allora che quel locale va dritto dritto nella lista dei preferiti.
Se andate da FraGola capirete quindi perché, anche con la pioggia e con il vento, io percorra a piedi oltre un chilometro per pranzare lì e, questo, nonostante lavori in pieno centro e pertanto abbia parecchia scelta senza allontanarmi troppo.
FraGola è una zupperia, frutteria, insalateria e juice bar che si trova in Piazza San Martino. Non pensiate però che sia uno di quei posti in cui esci e andresti a mangiarti una pizza. Infatti oltre a frutta e insalate, si trovano delle ottime zuppe (ogni giorno diverse), focacce e piatti composti (vegetariani e non solo).
Dimenticate anche l’equazione “mangiare sano = mangiare sciapo”, da FraGola si mangia in maniera salutare – con prodotti di alta qualità a prezzi competitivi – ma coccolando il palato.
E’ da FraGola che ho scoperto l’açaì, un frutto tropicale antiossidante e superenergetico che viene frullato insieme alla banana (il sapore di fondo è quello) e servito con frutta fresca in pezzi. Quando ero incinta ne mangiavo a chili e, d’estate, era il mio pranzo fisso. Considerando che ho partorito un bimbo di 4,3 chili comincio a pensare che l’açaì abbia fatto parecchio bene!
Il locale è stato rinnovato da poco. E’ più grande, luminoso e ha un lungo bancone scelto appositamente per rendere l’ambiente allegro e socialmente stimolante.
A breve, da FraGola si potrà anche fare colazione (yougurt e cereali, torte, pane e marmellata e ovviamente centrifugati e spremute) e il brunch nella giornata di sabato. Inoltre la prossima estate ci sarà anche il dehor. Ovviamente ci sono sia il il servizio di take away che di consegna a domicilio.

Sulla loro pagina Facebook (www.facebook.com/FrutteriaFragola ), poi, potete trovare il menu del giorno.
Un’ultima cosa: come avevo accennato all’inizio, oltre alla qualità del cibo è importante la qualità del servizio.
FraGola è diventato uno dei mie posti preferiti perché i titolari, Fabio e Stefania, hanno sempre il sorriso, sono cordiali, disponibili e ti fanno sentire come a casa. Scusate se è poco.

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IL RACCONTO DEL MESE: SE FOSSE UN FILM

Se fossi in un film, in questo momento la stazione sarebbe semivuota, la nebbia avvolgerebbe ogni cosa e nel silenzio della notte potrei sentire il suo passo veloce che mi cerca tra i binari.
Perché se devi dirti addio in una stazione, la scenografia è importante.
Invece è tutto sbagliato, ordinario. Ecco perché lui non verrà mai. Perché la vita non è un film. La stazione è affollata, puzza di ferro e piscio ed io non ho l’aspetto della femmina che lascerà un segno indelebile nella vita di un uomo. Se fossi in un film, indosserei un lungo trench, grossi occhiali da sole neri e guanti di pelle, così se lui mi dicesse “Non ti dimenticherò mai”, io potrei accennare un leggero sorriso con l’angolo destro della bocca come a dire “Lo so”, accarezzargli delicatamente una guancia e poi salire leggera sul treno dissolvendomi nel buio come un’elegante creatura eterea.
Un rumore molesto mi distrae dai miei pensieri. Guardo in basso. Un bambino sovrappeso mi fissa masticando delle patatine. Vorrei ricordargli che è bene seguire una sana alimentazione sin da piccoli ma vengo travolta da un signore che mi passa il suo enorme trolley su un piede senza neppure voltarsi per chiedere scusa.
– Senta lei, torni indietro, le dò una bella notizia, ho un altro piede se vuole favorire!
Una barbona, sentendomi urlare si avvicina. Fossimo in un film sarebbe una graziosa vecchietta, con la faccia sporca ma coi fiori freschi infilati nel cappello. Mi direbbe che mi si legge negli occhi quanto io sia innamorata e mi augurerebbe tanta felicità. Mi intenerisco, le sorrido. Mi parla:
– Non fissarmi, brutta puttana!
Non verrà, me lo sento. Perché dovrebbe, poi? Siamo stati insieme solo cinque giorni. Travolgenti, intensi ma pur sempre cinque giorni. E’ stato talmente bello che non lo racconterò a nessuno, neppure alla mia più cara amica. Non sarei in grado di spiegare ciò che è successo, correrei il rischio di sminuire o ancora peggio ridicolizzare questa storia.
Guardo l’orologio. Mancano trenta minuti alla partenza del treno e lui non si vede. Mi aveva avvisata che gli sarebbe stato impossibile venire a salutarmi, aveva un impegno di lavoro dall’altra parte della città proprio a quest’ora. Comincio a pensare che fosse una scusa. Ma forse è meglio che non venga. Mi piace l’idea che l’ultimo ricordo di noi sia legato a ieri sera, a quel bacio davanti alla porta della camera dell’hotel. Io avvolta nelle lenzuola come fosse un vaporoso abito da sera, lui con la giacca tra le mani e i capelli scarmigliati.
– Allora cia…-
– No senti – l’ho interrotto io – Niente promesse, niente “allora ti chiamo”, niente “magari ci si vede per un week-end”. Stiamo a 800 chilometri di distanza, non può funzionare, non ci rivedremo più, non voglio essere una di quelle che guarda ogni minuto il cellulare in attesa di un messaggio che non arriverà mai. –
Lui ha sorriso. Dovreste vedere quanto è bello quando sorride. Ha fatto cadere la giacca a terra e mi ha stretta forte. – Parli troppo – mi ha detto e mi ha baciata.
Se fossimo in un film ora sentirei due mani che mi coprono gli occhi e partirebbe una melodia di archi. Qualcuno mi afferra il braccio, il cuore mi balza in gola.
– Scusi signorina è questo il treno per Napoli che parte alle 15.45?-
– Non lo so, mi dispiace.-
– Non sa se è per Napoli o non sa se parte alle 15.45? –
– Non lo so e basta. – dico buttando fuori l’aria.
La signora mi guarda perplessa. Sta per aprire la bocca ma a quel punto io sollevo il sopracciglio destro e la immobilizzo come una mangusta di fronte al serpente a sonagli. Lei fiuta il pericolo e, incredibilmente, capisce che deve levarsi dalle palle. Sposta lentamente lo sguardo verso il display luminoso, individua il suo treno per Napoli, fa un passo indietro, si volta e scappa via.
Intanto mancano quindici minuti alla partenza. Ma sì, è meglio che non venga. E poi cosa potrei mai dirgli? No, non gli direi niente. Vorrei solo baciarlo. Quanto pagherei per baciarlo ancora una volta.
Le mentine! Non posso farmi cogliere impreparata. Se fossimo in un film non me ne preoccuperei. Nei film limonano la mattina appena svegli come se non avessero l’olfatto. Come se non sapessero che appena svegli, con una sola alitata si potrebbe far appassire una foresta. Cerco nella borsa. Non le trovo. Mi piglia la smania. Non capirò mai perché nelle borse non si trova nulla al primo colpo. E’ come se la borsa captasse le nostre vibrazioni, come se sentisse quando abbiamo fretta e ci nascondesse le cose apposta. “Chiavi di casa, presto, sta venendo a prendervi! Andate ad infilarvi sotto la fodera del taschino. Sta piovendo e siamo davanti al portone, impazzirà!” così me la immagino la vita lì dentro. Intanto estraggo un paio di calze, il portafoglio, l’agenda, gli occhiali da sole e delle M&M’s del 1991 ma delle mentine non c’è traccia.
Mancano dieci minuti alla partenza. Lui non verrà.
Si fottano le mentine, si fottano gli addii, le stazioni, le storie che chiami amore e invece sono solo scopate, si fottano i sorrisi e i baci che ci siamo scambiati, si fottano i suoi respiri sul collo, il suo braccio sulla mia spalla, si fotta la mia fissazione per i film, per la scenografia perfetta, la battuta perfetta, il momento perfetto.
La vita non è un film, non verrà a salutarmi perché di me non gli importa nulla. Poco male, tra qualche mese lo dimenticherò, lui probabilmente lo ha già fatto. Non c’è la nebbia, non ci sono gli archi che suonano, non ho il trench e gli occhiali da sole scuri, non sono la femmina che lascia un segno indelebile nella vita di un uomo.
Rimetto tutto dentro la borsa, la delusione brucia nella gola, una signora all’altoparlante annuncia il mio treno, dice che fra cinque minuti partirà. Stronza. Mi pare di vederla, mentre spegne il microfono e rivolgendosi alla collega dice divertita: – Ma quella davvero pensava che lui sarebbe andato a salutarla? Hi hi hi. – Le stronze ridono tutte con l’ hi hi hi.
La vita non è un film ma ora, sì proprio ora, lo vedo tra la folla. Urla il mio nome, si fa largo tra la gente, correndo.
Appare lui, scompare tutto il resto.
(Federica Caladea, 23 ottobre 2016)
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