CHI PIU’ SPENDE, MENO SPENDE

Tra un post e l’altro (in molti ormai lo saprete) svolgo la professione di avvocato, in particolare nella materia civile.
Specializzarsi è un lusso che difficilmente ci si può permettere ma nella maggior parte dei casi, mi occupo di responsabilità medica e quindi risarcimento dei danni causati da errori od omissioni dei sanitari.

Tra i primi casi che mi capitarono, ricordo una donna che si sottopose ad un’addominoplastica correttiva per migliorare la situazione estetica dell’addome, adiposo e rovinato dalle smagliature. Per risparmiare appena duemila euro anziché andare da un noto chirurgo plastico, preferí rivolgersi ad un chirurgo senza alcuna specializzazione in chirurgia estetica. Il risultato? Si ritrovò una pancia cadente (si afflosciava su se stessa, per intenderci) e non aveva più l’ombelico.

Duemila euro non sono pochi, certo, e immagino che qualcuno abbia storto il naso leggendo la parola “appena” ma dovete considerare che gli interventi di chirurgia estetica hanno dei costi che variano, in media, dai cinque ai dieci mila euro. Se spendere duemila euro in più significa rivolgersi ad un chirurgo plastico di rinomata fama anziché ad un chirurgo senza alcuna specializzazione, beh, probabilmente ne vale la pena.

Chi più spende meno spende, diceva mia nonna. Mai proverbio fu più azzeccato per questo caso. La poverina, infatti, fu costretta a sottoporsi ad un nuovo intervento, questa volta dal chirurgo che inizialmente aveva scartato perché troppo caro. Per fortuna i danni fatti dal primo non erano irreversibili ma quanto le è costato in termini di dolore, tempo, stress – senza contare che alla fine ha pagato ben due interventi! –

Fortunatamente, nonostante il grande ostruzionismo posto in essere dal medico e dalla struttura sanitaria (che si difesero con le unghie e con i denti nonostante il palese esito disastroso del primo intervento), la signora ottenne il risarcimento dei danni.

La morale sta in quel proverbio sopra citato: chi più spende, meno spende.

E’ vero che ci sono molti approfittatori in giro ma mai, come nel caso della chirurgia estetica, bisogna affidarsi a chi promette ottimi risultati a prezzi stracciati.
Informatevi, soprattutto da persone che hanno avuto esperienze dirette, chiedete ogni cosa, fate più di una visita anche solo per sentire più pareri.

I macellai non sono tanti ma ci sono e a farne le spese sarete voi.

CARO GRUPPO WHATSAPP TI ODIO

Tutti affermano di odiare i gruppi Whatsapp eppure tutti ne fanno un gran uso ma, soprattutto, abuso.
Dato che raramente qualcuno si ribella, mi faccio avanti io a costo di inimicarmi amici e parenti fino all’ottavo grado. Mi immolo per voi, che potrete condividere questo post sulle vostre bacheche commentando con un innocuo “ahahah”, sperando che chi ha orecchie per intendere intenda.
Davvero non se ne può più ed è ora che ci diamo qualche regola per rendere questa croce sulle spalle meno gravosa.
Punto primo: se qualcuno fa una domanda NON E’ OBBLIGATORIO rispondere in quindici. Capite anche voi che se uno chiede “A che ora ci si vede?” ricevere decine di notifiche e leggere “Alle 20” “Alle 20” “Alle 20” “Alle 20” e così all’infinito trasforma anche il più mite di noi in Jack Torrance. Vale lo stesso per “ok”, “ahahahah” e i pollicioni all’insù.
Punto secondo: non c’è un modo gentile per dirlo. Tutti i video e le immagini con orsacchiotti, rose, caffè, cappuccini, gattini, pulcini fanno inesorabilmente schifo. Lo so che potrei dire che sono démodé e naif ma vorrei che si capisse chiaramente il concetto perché fanno proprio schifo. I gattini glitterati sarebbero piaciuti a mia nonna, nata nel 1913 e cresciuta con le cartoline, il televisore in bianco e nero e le bomboniere di ceramica.
Punto terzo: whatsapp non è un social. Se volete condividere video e barzellette fatelo su Facebook magari scoprendo, finalmente, che quei video e quelle barzellette ritenute “divertenti” girano sul web già da una decina di anni e fanno ridere quanto l’uomo che entra in un caffè facendo splash. Tra l’altro, ogni volta che inviate video e immagini costringete i nostri telefoni a scaricare dati e a consumare batteria del cellulare, come se avessimo ancora i Nokia 3310.

Punto quarto: le catene di S. Antonio. SIAMO NEL 2018 PER LA MISERIA!
Punto quinto: le spunte blu. Non riguardano propriamente i gruppi ma ce l’ho qua sul gargarozzo e devo dirlo. Il fatto che viviamo in simbiosi con il nostro cellulare non significa che possiamo rispondere nel momento esatto in cui visualizziamo un messaggio. Magari stiamo entrando in doccia oppure stiamo per metterci alla guida. Che la spunta blu sia un timer, attivato il quale abbiamo dai tre ai cinque secondi per rispondere è una pretesa assurda e immotivata che genera solo una cosa: ANSIA. Mollateci.
Punto sei: le bufale. SIAMO NEL 2018 PER LA MISERIA!

Prima di rispondere “Allora perché non abbandoni i gruppi? Nessuno ti obbliga” pensate al perché non lo fate voi. Scommetto che le ragioni sono le stesse.
Ci sono i gruppi del lavoro o della scuola dei figli che tra la foto di un cappuccino e un gattino danzante servono (o meglio, dovrebbero servire) per comunicazioni importanti.
E poi, diciamolo, siamo ormai scafati e consci della grande ipocrisia che c’è dietro la frase “Sei libero di fare ciò che vuoi”. Certo che siamo liberi di fare ciò che vogliamo, peccato che quando lo facciamo inizia il trituramento di maroni, fatto di messaggi privati in cui vogliono farti sapere che quel “Federica ha abbandonato il gruppo” ha creato più incidenti diplomatici delle battute del Principe Filippo. E, in certi casi, è molto meglio ricevere dieci foto di cappuccini cuorati, che un messaggio in cui zio Carmelo mi dice di quanto se l’è presa la cugina Fernanda.

Come sempre, il problema non è il mezzo ma chi lo utilizza. Eppure basterebbe poco. Basterebbe affidarsi al caro, vecchio buon senso.
Vi piace condividere Santa Rita che vi augura il buon giorno? Benissimo. Fatelo privatamente con chi ha i vostri stessi gusti.
Vi piace scrivere ininterrottamente ok, hihihi o inviare sette emoticon per esprimere lo stesso concetto? Benissimo, ma ricordate che ogni vostro invio è un trillo sul display che ci distrae, infastidisce, interrompe da altre attività perciò chiedetevi: è veramente necessario?

E se la risposta è sì, è quella sbagliata.